Presentazione

La Voce Narrante è quella di Maurizio Foddai, autore dei romanzi Il corridoreIl gioco dei silenzi, Un Testimone PericolosoIl Riflesso di un Assassino, Il Manoscritto Rubato, dei racconti L'attesa e Primavera, e della commedia Brividi sotto il sole, e di tutti quelli che hanno una storia da raccontare.

Storie lunghe, brevi, istantanee, di fantasia o di vita vissuta. Qui si parla di libri da leggere, dei loro autori, degli argomenti correlati, anche attraverso il Blog Storie da raccontare

NEWS!

 

Gabriele Costanzo ha smesso da tempo di gareggiare nel mezzo fondo, ma non ha mai perso l’abitudine di andare a correre al parco. Durante una delle sue corse mattutine, scopre tra i cespugli il cadavere di una ragazza con un violino stretto tra le braccia e non può fare a meno di pensare che potrebbe avere la stessa età di suo figlio David. Se fosse ancora vivo. Se una mano crudele non gliel’avesse portato via quand’era ancora un bambino. Una perdita che Gabriele è lucidamente determinato a vendicare.

Il destino vuole che a indagare sulla morte della violinista sia la sua nuova vicina, la sostituto procuratore Sara Merz, da poco arrivata a Torino in fuga da un marito oppressivo e violento.

Fra i due si sviluppa un rapporto di reciproca stima e fiducia: le circostanze li portano a confrontarsi sul delitto e a dar vita a una coppia insolita di investigatori, entrambi alle prese con un complicato caso da risolvere e con gli incubi del proprio passato.

La vita grama dello scrittore

Se hai scritto un libro, quando per caso, dopo una fatica improba, riesci a fartelo pubblicare, ti sembra di aver raggiunto un grande traguardo.
Invece non hai fatto che un passettino da formica.
Perchè dopo pochissimo tempo ti accorgi che:
a) quasi nessuno sa che il tuo libro esiste
b) i pochi che lo sanno per lo più se ne fregano
c) di quelli che non se ne fregano solo una minima parte lo compra e lo legge

La fortuna dello scrittore

 

Quelli che fabbricano storie godono dell'invidiabile privilegio di poter vivere molte vite. Attraverso i personaggi e le situazioni che inventano, riescono a creare di volta in volta tanti altrove plausibili che nella mente loro e dei lettori non sono meno reali del mondo nel quale vivono tutti i giorni. Vedono luoghi, vivono situazioni, provano emozioni e sentimenti autentici che altrimenti sarebbero loro negati. Ecco, la magia dello scrivere, del narrare, del farsi leggere e ascoltare consiste proprio in questo, nel farsi trasportare lontano nello spazio e nel tempo, in una dimensione quasi onirica, tramite un reciproco patto di sospensione dell'incredulità.

Come nasce una storia

Le storie sono come quei pesci che saltano fuori dall'acqua. Se si riesce ad afferrarli al volo, dopo si possono cucinare con comodo.
In più di venti secoli di storia della civiltà, tutto è già stato scritto, l'animo umano è già stato scandagliato in tutte le sue sfaccettature, anche le più minute, così come i possibili intrecci fra le vicende individuali e collettive.
Non c'è più niente da inventare.
Le storie esistono già, sono da qualche parte e in larga misura sono già state raccontate.
L'Iliade. Una storia di guerra. L'assedio a una città fortificata. La vittoria ottenuta non attraverso atti di coraggio o il dispiegamento della potenza militare, bensì con l'inganno. Ma anche tante storie individuali: l'amicizia, l'orgoglio ferito, la sete di vendetta. Che cosa c'è di più moderno, di più attuale? Tutti i romanzi e i film di guerra si rifanno all'Iliade, in un modo o nell'altro.
L'Odissea. Un lungo viaggio per tornare a casa. La sorte che sembra accanirsi contro l'eroe. Le fatidiche mille peripezie, le mille avventure e disavventure che, fino all'ultimo, allontanano il protagonista dall'obbiettivo finale. Tutti gli autori di racconti di viaggio e di avventura, da Stevenson a Salgari, da Conrad a Chatwin, sono debitori verso l'Odissea.
L'Edipo Re. La capostipite di tutte le detective stories. L'investigatore che scopre alla fine di essere egli stesso l'assassino. O forse l'assassino è il Fato? La più originale e inquietante fra tutte le storie che si possono ricondurre al genere "giallo".
Anfitrione. Una storia di inganni, di equivoci e di scambi di identità che ha ispirato l'intero genere della commedia.
Tristano e Isotta. Una storia d'amore tragica, contrastata, che resiste a tutte le avversità e trova il suo coronamento solo nella morte dei due innamorati. Eros e Thanatos.
Tutte le altre storie sono una variazione e una combinazione di questi temi.
E allora qual è il compito di un narratore?
Afferrare il pesce quando salta fuori dall'acqua e cucinarlo, aggiungendo e variando gli ingredienti per dargli un sapore nuovo. Provare a raccontare la stessa storia in un modo diverso, per creare nel lettore l'illusione di qualcosa che non ha ancora sperimentato.
Altrimenti come avrebbe fatto la povera Sherazade a sopravvivere per mille e una notte?

Successo, uguale ...

 

Che cos’è il successo?
In poche parole si potrebbe definire il successo come il sistema di misura dell’ego.
Da questo punto di vista è evidente che si tratta di qualcosa di molto personale. Un’asticella che si sposta in continuazione verso l’alto.
Mi spiego meglio. Per un aspirante scrittore, la prima pubblicazione potrebbe sembrare un successo, salvo accorgersi subito dopo che è solo l’inizio.
Apro un inciso. Per pubblicazione non intendo il selfpublishing. La rete è affollata di piattaforme che consentono a chiunque di pubblicare qualunque cosa. Intendo quella con una vera casa editrice, piccola o grande non importa, purché non a pagamento. Qualcuno, insomma, che sia disposto a spendere il proprio nome e le proprie risorse per divulgare le opere degli scrittori.
Ma a questo punto, avere pubblicato un romanzo che nessuno compra non è certo un successo.
Ecco allora che si incomincia a misurare il successo con il numero di copie vendute.
Sì, ma quante bisogna venderne per arrivare al successo? Cinquecento, mille? Per un esordiente sono già un buon numero. Ma chi ci arriva non si accontenta e tende ad alzare l’asticella. Diecimila? Ventimila?
Quando arriva questo sospirato successo? Quando vi riconoscono per la strada, nei ristoranti? Quando vi chiedono di firmare autografi? È un gioco che rischia di non finire mai.
Ecco che allora, per definire l’idea di successo, occorre riavvolgere il nastro e tornare a guardare dentro a noi stessi e cercare di dare un senso a quello che facciamo.
Vale per gli scrittori, come per tutti gli altri artisti, ma anche per gli avvocati, i medici, i manager d’azienda.
Che cos’è dunque il successo?
Tutto considerato, il successo vero è molto più a portata di mano. Quando si ha la consapevolezza di aver fatto bene ciò a cui teniamo, quando il nostro lavoro, il frutto del nostro impegno vengono riconosciuti da chi è in grado di apprezzarli, fosse anche una sola persona, purché sincera e disinteressata, questo è successo.

Che cos'è importante per uno scrittore?

Tutti gli scrittori desiderano venire allo scoperto, far uscire i propri manoscritti dal cassetto. Come? Alcuni cedono alle lusinghe delle case editrici a pagamento, che stampano qualunque cosa in cambio di un compenso, spesso esoso, ma senza alcuna preventiva selezione. Ed ecco che il nostro scrittore esordiente ha la possibilità di esibire dinnanzi a parenti e amici un bel libro contenente la propria preziosa opera, che nessun altro comprerà mai, perché non arriverà mai in libreria.
Ma era questo che voleva? Nessuno ha valutato il suo romanzo o la sua raccolta di poesie. Nessun lettore obbiettivo e disinteressato ha mai detto all’autore se il suo lavoro vale davvero o se è un’autentica schifezza.
A questo punto, il nostro autore, determinato a diffondere le proprie creazioni, approda al selfpublishing. Anche qui non c’è alcun filtro (ci si può autopubblicare anche la lista della spesa), ma almeno è gratis. E per giunta, qualcuno che non appartenga alla cerchia dei familiari o degli amici e conoscenti acquista il libro. E’ un passo avanti, forse. Ma è di questo che uno scrittore ha bisogno?
Non credo. Uno scrittore non si può accontentare di lettori compiacenti e parziali oppure casuali. Uno scrittore ha bisogno di veder riconosciuto il valore della propria opera (se ce l’ha). E questo può avvenire solo attraverso il confronto con addetti ai lavori seri e professionali. Un autore può sentirsi riconosciuto solo quando trova un editore disposto a investire su di lui il proprio denaro, a scommettere sulla bontà del suo lavoro. E’ solo questo che contraddistingue la scrittura vera dal velleitarismo letterario.
Non è facile, tutt’altro. Trovare uno sbocco editoriale richiede sacrificio, tenacia e un’elevata soglia di sopportazione del dolore. Ma alla fine ne vale la pena.

Chi ben comincia...

Il testo di un romanzo deve essere curato in ogni sua parte, sotto il profilo della correttezza grammaticale e sintattica, dello stile, evitando, dall'inizio alla fine, cali di attenzione e di tensione narrativa.

Ma di tutto il testo, a mio modo di vedere, le prime dieci pagine sono le più importantI, perché è proprio qui che l'autore si gioca la fiducia del lettore, la sua disponibilità a immedesimarsi nella storia e quindi la sua voglia di andare avanti a leggere. Un incipit poco efficace rischia seriamente di affossare anche il romanzo più bello, perché un lettore annoiato non si spingerà mai oltre, così da poterne apprezzare la bellezza.

Io sono quel tipo di lettore che i libri li abbandona, se fin dall'inizio non ne vengo catturato. Una volta, a proposito di un acclamato romanzo, opera di uno scrittore famoso, che io avevo piantato lì perché le prime pagine avevano suscitato in me una noia mortale, un amico mi disse: "Se riesci a superare le prime settanta pagine, poi diventa bello". Lì per lì fui indeciso se riprendere a leggerlo direttamente da pagina settantuno. Ma alla fine non riaprii mai più quel libro. Pazienza. Morirò senza sapere che cosa mi sono perso.

Delle prime dieci pagine, la più importante è la prima. Qui si delinea l'atmosfera che pervaderà l'intera storia.

"Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte".

Dall'incipit de "I promessi sposi" si capisce subito che ci troviamo di fronte a un romanzo di ampio respiro. Se fosse un film, quest'inizio equivarrebbe a una ripresa aerea, dopo la quale il campo si restringe progressivamente fino al campo lungo nel quale "Per una di queste stradicciole, tornava bel bello dalla passeggiata verso casa, sulla sera del giorno 7 novembre dell'anno 1628, don Abbondio".

Nella prima pagina viene descritto già in maniera compiuta il mondo nel quale si svolge la storia: le terre lombarde dominate con il pugno di ferro dagli Spagnoli, attraverso soprusi e intimidazioni in quello che oggi definiremmo un perfetto stile mafioso.

Ma la parte fondamentale della nostra prima pagina è rappresentata dalle prime cinque righe. Questo è l'attacco dell'orchestra e, in quanto tale, dev'essere ineccepibile. Immaginatevi se l'attacco della Quinta Sinfonia di Beethoven, quel sol sol sol mi che tutti conosciamo e che lo stesso Beethoven definì "la rappresentazione del destino che bussa alla porta", fosse suonato in modo troppo lento, o troppo veloce, oppure sommesso o incerto. Ne risentirebbe l'intera successiva esecuzione.

Ecco, allo stesso modo l'inizio di un romanzo è il tratto identificativo sia della storia, sia della voce del suo autore. Per questa ragione, forse, è la parte della composizione che richiede lo sforzo maggiore da parte di chi si accinge a scrivere.

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